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14 Marzo 2025Il 16 maggio 2025, al Centro culturale Lovera di Bolzano, è andato in scena il secondo appuntamento del ciclo “Storytellers: I grandi narratori dello sport raccontano il Fair Play”. L’iniziativa, promossa da G.S. Excelsior con l’obiettivo di diffondere i valori dello sport attraverso la voce di grandi firme del giornalismo sportivo, ha ospitato Lorenzo Fabiano, giornalista, scrittore e autore di documentari. Dopo l’apertura affidata a Stefano Bizzotto, anche questo secondo incontro ha confermato la qualità e la profondità del format, capace di unire racconto, memoria e riflessione.
Moderato dal giornalista RAI Francesco Clementi, l’evento ha proposto un dialogo denso di spunti sul significato del fair play, sul valore della sconfitta e sulla potenza educativa delle storie sportive.
Il valore della sconfitta
Durante la serata, Fabiano ha presentato il suo libro Dieci ferite (Fandango, 2024), una raccolta di dieci storie vere in cui la sconfitta non è mai un punto d’arrivo, ma il punto di partenza per una rinascita. I protagonisti sono leggende dello sport come Pietro Mennea, Adriano Panatta, Clay Regazzoni e Gustavo Thöni, raccontati nel momento più fragile della loro carriera. Un filo conduttore lega tutte le vicende: l’idea che per vincere, prima, bisogna imparare a perdere.
Oltre al libro, Fabiano ha reso omaggio al grande sci azzurro, parlando del documentario La Valanga Azzurra, realizzato insieme al regista Giovanni Veronesi. Il film ripercorre l’epopea degli anni Settanta con i trionfi di Thöni e Gros, icone di uno sport capace di ispirare intere generazioni.
Per approfondire questi temi e capire meglio cosa significhi trasformare una sconfitta in occasione di crescita, abbiamo intervistato Lorenzo Fabiano. Un dialogo sincero sul valore educativo dello sport, il ruolo del fair play e le storie che ci insegnano a non temere la caduta.
L'intervista a Lorenzo Fabiano
Cosa pensa del valore dell’iniziativa di WeFairPlay? Quanto conta oggi mettere in evidenza il gioco corretto?
Nel contesto sportivo odierno, dominato da interessi economici e da una competitività esasperata, il fair play assume un valore doppio. Purtroppo, viviamo in una società dove la smania di successo spesso porta a mettere da parte i valori etici e comportamentali. Lo sport dovrebbe essere un mezzo di educazione e crescita; se perdiamo questo valore, rischiamo di prendere scorciatoie che puntano solo al successo immediato, dimenticando l'importanza del rispetto e dell'integrità.
Ha una grande esperienza nel mondo del giornalismo sportivo. Le va di raccontarci qualche episodio che le è rimasto particolarmente impresso nel corso della sua carriera, legato a un gesto di fair play?
Certamente. Un episodio che mi ha colpito profondamente è quello di Paolo Di Canio nel dicembre 2000. Durante una partita tra West Ham e Everton, con il punteggio in bilico, Di Canio ebbe l'opportunità di segnare un gol decisivo. Tuttavia, notando che il portiere avversario, Paul Gerrard, era a terra infortunato, decise di fermare il gioco afferrando il pallone con le mani. Questo gesto gli valse il FIFA Fair Play Award e una standing ovation da parte dei tifosi di entrambe le squadre.
Un altro esempio emblematico è quello di Eugenio Monti, campione italiano di bob. Alle Olimpiadi invernali del 1964 a Innsbruck, durante la gara del bob a due, l'equipaggio britannico di Tony Nash e Robin Dixon ebbe un problema tecnico: si ruppe un bullone del loro bob. Monti, pur essendo un diretto concorrente, prestò loro il pezzo mancante, permettendo agli inglesi di vincere la medaglia d'oro. Monti e il suo compagno si classificarono terzi. Per questo gesto di straordinaria sportività, Monti fu il primo atleta a ricevere la medaglia Pierre de Coubertin per il fair play.
Parliamo di Dieci Ferite. La sua produzione giornalistica e letteraria si distingue per l'attenzione alle storie meno celebrate dello sport: quelle delle sconfitte, delle cadute e delle fragilità dei grandi campioni. Qual è il valore della caduta nel percorso di carriera di un atleta, a suo avviso?
La caduta è fondamentale, non solo nello sport ma anche nella vita. Sono più i momenti in cui si perde che quelli in cui si vince. La sconfitta è qualcosa di necessario, fa parte del nostro percorso umano. Se ne facciamo tesoro con la giusta umiltà, possiamo crescere e migliorare. Una frase che mi è particolarmente cara, attribuita al Dalai Lama, recita: "Quando perdi, non perdere la lezione".
Nel mio libro, racconto storie emblematiche di atleti che hanno vissuto sconfitte significative. Ad esempio, Pietro Mennea, alle Olimpiadi di Montreal del 1976, arrivò quarto nei 200 metri, mancando il podio per soli 11 centesimi. Fu una delusione enorme, ma da quella sconfitta nacque la sua rinascita: tre anni dopo, nel 1979, stabilì il record mondiale dei 200 metri con un tempo di 19"72, un primato che resistette per quasi 17 anni.
In un'epoca in cui la narrazione sportiva è sempre più influenzata dai social media e dalle notizie istantanee, come pensa che stia cambiando il modo di raccontare il fair play nello sport?
Siamo ancora molto focalizzati sulla performance e sul risultato immediato. Lo sport è diventato un prodotto di marketing, e attorno agli atleti gravitano figure che spingono per l'immagine e il successo a tutti i costi. Tuttavia, credo che ci sia ancora spazio per raccontare le storie di fair play e di umanità nello sport. Anzi, sono queste le storie che spesso toccano di più il pubblico, perché mostrano il lato più autentico e nobile dell'essere umano.
Nel raccontare lo sport, quanto è importante mettere in luce anche i momenti di fair play, spesso oscurati dai riflettori puntati solo sui risultati? Crede che dare spazio a queste storie possa contribuire a diffondere una cultura sportiva più sana?
Dipende molto dagli esempi che abbiamo davanti. Nel mondo ci sono opinion leader che possono influenzare positivamente la cultura sportiva. Se mettiamo in evidenza figure che incarnano i valori del rispetto, dell'integrità e della solidarietà, possiamo contribuire a diffondere una cultura sportiva più sana. Lo sport ha un enorme potere educativo, soprattutto per i giovani. Raccontare storie di fair play significa offrire modelli positivi e insegnare che il vero successo non si misura solo con le vittorie, ma anche con il modo in cui si affrontano le sfide e si rispettano gli altri.